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Vasi drago

In Sardenia

In Sardegna i più antichi ritrovamenti risalgono al 6° millennio a.C. Ci raccontano di una vita iniziale in grotta e in ripari sotto roccia o di fortuna, di abitudini alimentari, di sacralità e riti. Il gusto estetico che si andava rinforzando è indice della maturazione di una presa di coscienza e apprezzamento per il creato, sentito e trasferito sotto forma di segno mediato sulla materia morbida cruda attraverso una conchiglia, il cardium (da qui il nome di “ceramica cardiale” – vedi immagine in alto, vaso globulare rinvenuto nella grotta verde di Alghero – neolitico antico VI millennio a.C.).

Preistorica

La ceramica preistorica, come già detto fatta a mano e senza l’uso del tornio, mostra, particolarmente nelle fasi avanzate del Neolitico, abilità nel controllo del fuoco: la cottura dei manufatti avveniva in forni a combustione dove si raggiungeva una temperatura di circa 800°.

Il mio percorso con la ceramica è sperimentale e si svolge da circa 15 anni a questa parte; in un frangente di tempo così breve mi pare di aver sentito gli sforzi dell’evoluzione dell’arte ceramica che l’uomo ha sperimentato in millenni: quando ai primordi di questo percorso ho subìto il fascino del fuoco mi sono sentita come l’uomo primitivo alle prese con la prima terra cotta, forse la più antica scoperta dopo il fuoco, quando casualmente scoprì che sotto questa affascinante, vitale e terribile fonte di calore ogni cosa si trasformava per tornare purificata come elemento alla terra passando prima per innumerevoli stadi. Poi i miei primi e timidi tentativi con la materia per provare a foggiare forme semplici con la tecnica del colombino come fecero anche le mie antenate  che provavano a creare con l’argilla oggetti per contenere e trasportare la linfa vitale; istintivamente abbiamo ottenuto da subito semplici forme concave che potessero servire a questo scopo, come contenitori per trasportare l’acqua, per cuocere e per nutrirci.  Le abbiamo asciugate e poi cotte direttamente sul fuoco dando origine a forme fragili che necessitavano di una produzione costante e continua. Fu il tempo e i bisogni, come per tutte le cose, a perfezionare la tecnica, gli impasti e le cotture per ottenere pezzi che hanno resistito fino ai giorni nostri.

Certe volte mentre foggio un vaso mi pare che antichi e remoti maestri guidino le mie mani, o forse è la terra stessa che mi chiama e mi chiede d’essere modellata in una maniera che è determinata solo dalla naturale sua forza generatrice e accoglitela, da quella forza di rotazione che muove tutto l’universo e tutto viene condotto a contenitore, a forma cosmicamente rotonda.

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I pezzi mancanti

In Sardenia

In Sardegna i più antichi ritrovamenti risalgono al 6° millennio a.C. Ci raccontano di una vita iniziale in grotta e in ripari sotto roccia o di fortuna, di abitudini alimentari, di sacralità e riti. Il gusto estetico che si andava rinforzando è indice della maturazione di una presa di coscienza e apprezzamento per il creato, sentito e trasferito sotto forma di segno mediato sulla materia morbida cruda attraverso una conchiglia, il cardium (da qui il nome di “ceramica cardiale” – vedi immagine in alto, vaso globulare rinvenuto nella grotta verde di Alghero – neolitico antico VI millennio a.C.).

Preistorica

La ceramica preistorica, come già detto fatta a mano e senza l’uso del tornio, mostra, particolarmente nelle fasi avanzate del Neolitico, abilità nel controllo del fuoco: la cottura dei manufatti avveniva in forni a combustione dove si raggiungeva una temperatura di circa 800°.

Il mio percorso con la ceramica è sperimentale e si svolge da circa 15 anni a questa parte; in un frangente di tempo così breve mi pare di aver sentito gli sforzi dell’evoluzione dell’arte ceramica che l’uomo ha sperimentato in millenni: quando ai primordi di questo percorso ho subìto il fascino del fuoco mi sono sentita come l’uomo primitivo alle prese con la prima terra cotta, forse la più antica scoperta dopo il fuoco, quando casualmente scoprì che sotto questa affascinante, vitale e terribile fonte di calore ogni cosa si trasformava per tornare purificata come elemento alla terra passando prima per innumerevoli stadi. Poi i miei primi e timidi tentativi con la materia per provare a foggiare forme semplici con la tecnica del colombino come fecero anche le mie antenate  che provavano a creare con l’argilla oggetti per contenere e trasportare la linfa vitale; istintivamente abbiamo ottenuto da subito semplici forme concave che potessero servire a questo scopo, come contenitori per trasportare l’acqua, per cuocere e per nutrirci.  Le abbiamo asciugate e poi cotte direttamente sul fuoco dando origine a forme fragili che necessitavano di una produzione costante e continua. Fu il tempo e i bisogni, come per tutte le cose, a perfezionare la tecnica, gli impasti e le cotture per ottenere pezzi che hanno resistito fino ai giorni nostri.

Certe volte mentre foggio un vaso mi pare che antichi e remoti maestri guidino le mie mani, o forse è la terra stessa che mi chiama e mi chiede d’essere modellata in una maniera che è determinata solo dalla naturale sua forza generatrice e accoglitela, da quella forza di rotazione che muove tutto l’universo e tutto viene condotto a contenitore, a forma cosmicamente rotonda.